Il pensiero positivo è sempre stato associato ad una leadership efficace. Non a torto. E' difficile guidare le persone se tutto ciò che riesci a vedere sono problemi, ostacoli, crisi e la legge di Murphy che imperversa. Questi pensatori negativi non riescono a gestire le loro vite, figuriamoci quelle di altri. Eppure i pensatori positivi e negativi hanno più in comune di quanto crediamo.
Intanto, vedono entrambi la realtà dalla stessa angolatura. Si dice che i pensatori positivi vedano il bicchiere mezzo pieno e che i pensatori negativi lo vedano mezzo vuoto. Certo, ma entrambi vedono il bicchiere da una certa distanza: sono entrambi "qui", mentre il bicchiere è "là". Ci rapportiamo con il mondo allo stesso modo. Che si sia ottimisti o pessimisti, vediamo il mondo come qualcosa di "altro" o di distaccato da noi, sebbene in modi diversi.
Può sembrare alquanto filosofico, ma le sue implicazioni pratiche sono piuttosto serie. Ammettiamo che si presenti un problema, tipo che vieni licenziato. Il pensatore negativo comincia a dare i numeri, giusto? Sarà preoccupato per come riuscirà a sbarcare il lunario senza lo stipendio e fosche immagini occuperanno la sua mente. Tuttavia, non ci aspetteremmo questa reazione da un leader, ti pare? Poiché un vero leader è un pensatore positivo che guarda sempre al lato rosa di qualsiasi situazione. In questo caso, riuscirebbe ad intravvedere nuove e migliori opportunità per se stesso e la sua famiglia.
Che fico, non trovi?...
O no?
La sola cosa che cambia qui è la reazione, non la prospettiva. Ci sono certamente risposte comportamentali diametralmente opposte ad un evento indesiderato, ma il rapporto con il problema stesso non cambia. In entrambi i casi, le persone cercano di assumere un certo controllo emozionale su un evento inaspettato, sebbene uno associandosi al problema e preoccupandosi al fine di impegnarsi emotivamente nella ricerca di una soluzione; e l'altro dissociandosi dal problema per riuscire ad individuare più efficacemente delle alternative . Non c'è dubbio che questa seconda soluzione sia più funzionale, ma entrambi mancano il bersaglio, qui, poiché nessuno dei due diventa il problema e non riescono quindi a vedere la situazione dal punto di vista del... problema.
Mi rendo conto che suoni davvero strano, ma diresti che il problema vedrebbe se stesso come un... problema? O non si vedrebbe piuttosto come ciò che si rende necessario per indurre entrambe le parti a crescere, che è poi il motivo per cui ci troviamo tutti su questo pianeta? Il pensatore negativo ha certamente bisogno di un bel calcio nel sedere per scuotersi fuori dalla sua area di comfort emozionale e mentale... e il pensatore positivo? Vediamo... è forse davvero proattivo nel modo in cui gestisce la situazione? O sta soltanto reagendo a sua volta? Reattività e proattività sono concetti antitetici. Se il pensatore positivo è veramente proattivo, perché ha avuto bisogno di venire licenziato prima di decidere di esplorare nuove opportunità?
Il pensiero positivo è stato decisamente sopravvalutato finora. Il vero pensiero positivo non riguarda il vedere il lato positivo delle cose, ma l'immergersi negli eventi e guardando noi stessi mentre cerchiamo di dirci qualcosa.
Questo richiede fede nel fatto che la vita, o la realtà circostante, lavora sempre per noi e che ci vuole aiutare ad ottenere un reale controllo diventando sempre più proattivi. Interpretiamo la "positività" in modo moralistico, vedendola come un sinonimo di "buono". In natura, (nell'elettromagnetismo), "positivo" è un attributo che si dà al polo da cui parte il flusso di elettroni, mentre il polo negativo "attende" di ricevere tale flusso. Ne consegue che la positività ha a che fare con l'essere la causa, e quindi essere in controllo, che è ciò che il pensiero positivo dovrebbe aiutarci ad ottenere.
Credo che la nuova versione di pensiero positivo di cui sto parlando (Pensiero positivo 2.0) sia uno degli aspetti più importanti che un individuo, a qualsiasi titolo, debba assimilare nel mondo di oggi. In effetti, molti lo stanno già usando efficacemente e forse senza nemmeno esserne consapevoli. Di certo, si richiede di adottare un nuovo modello mentale e qualche linea guida da seguire.
1. Diventa il problema - Ne ho già parlato, quindi non voglio indugiare oltre. In sostanza, significa non cercare di andare controvento (contro il flusso), bensì cercare di capire perché è sorto, quel problema, e cosa sta cercando di dirci.
2. Non cercare di influire sulla realtà, ma lascia che realtà influisca su di te - Le nostre reazioni emotive ci inducono sempre a cambiare qualcosa della nostra realtà, in un modo o nell'altro. Questo non è essere proattivi, men che meno positivi. Paradossalmente, è imparando (atteggiamento di ricezione, che è "negativo") dalla realtà che diventiamo sempre più proattivi (atteggiamento di dare, "positivo"), così come un buon seguace riesce a crescere imparando da un buon leader.
3. Sforzati di diventare un "contributore" - Contribuire è un altro termine per "dare". Contribuendo diventi automaticamente proattivo perché non devi aspettare che accada qualcosa per dare (mentre per ricevere devi aspettare). Ci sono decine di modi per contribuire. Puoi contribuire materialmente (offrendo denaro, opportunità, ecc.), emozionalmente (offrendo apprezzamento, gratificazione, rispetto, fiducia, ecc.), mentalmente (offrendo suggerimenti pratici, conoscenza, coaching, ecc.) o spiritualmente (instillando una cultura del contributo).
Non è così difficile fare un "upgrade" a questa nuova versione di "pensiero positivo", ma richiede certamente un notevole spostamento di paradigma. Va bene. Finché sai in quale direzione devi andare, il viaggio è entusiasmante quanto la destinazione.
Ammesso che tu sappia quale sia la destinazione.