8. La sfida più ardua: diventare autentici

La sfida più ardua: diventare autentici






Se qualcuno dovesse chiedercelo, la maggior parte di noi dichiarerebbe di essere esattamente ciò che sembra: ciò che vedi è ciò che sono!

Ma è davvero così? E come fai a saperlo? Essere noi stessi è molto più difficile di quanto pensiamo.

La prima domanda che ci salta in mente è "perché è poi così importante apparire per quello che siamo veramente? Che male c'è a portare una maschera se questo mi porta dei vantaggi?". La realtà è che ci sentiamo più sicuri indossando una maschera, ma al tempo stesso reagiamo più o meno violentemente verso chi ne indossa una, specialmente quando il rapporto si fa più vicino e intimo. Nessun rapporto è possibile tra persone che indossano maschere, per il semplice motivo che ci stiamo relazionando con un'illusione. Eppure, la maggior parte dei rapporti si fonda proprio su questa condizione.

 

Ed è proprio sul luogo di lavoro, o negli affari in generale, che l'opacità regna sovrana. Poiché si pensa che non vi sia un reale bisogno di costruire rapporti forti e profondi, perché darsi la pena di essere "veri" e rischiare di diventare vulnerabili? Ebbene, ci sono alcune false convinzioni al lavoro, qui, convinzioni prodotte dal cosiddetto paradigma della "Macchina" (una condizione mentale per cui la realtà viene vista come una grande Macchina che possiamo in qualche modo controllare e che impatta fortemente sulla maggior parte di noi). 

 

La prima falsa convinzione è che un'azienda non abbia realmente bisogno di persone autentiche, oppure che rapporti forti tra colleghi di lavoro non siano davvero necessari: rispettare il nostro ruolo e fare il nostro lavoro come si deve è tutto ciò che ci è richiesto e, in effetti, rapporti più stretti potrebbero perfino diventare un problema.

Un'altra falsa convinzione è che essere se stessi ci renda più vulnerabili e che questo potrebbe indebolire la squadra nella quale e per la quale lavoriamo.

La terza e più importante convinzione è che si abbia qualche scelta nell'essere "autentici" o "falsi", poiché non è così... almeno, non finché saremo governati dal paradigma della Macchina e, come ho detto, le possibilità che sia così sono piuttosto alte.

 

Prima di proseguire, va chiarita una cosa e cioè... cosa diavolo significa essere "se stessi"? Non è una domanda facile a cui rispondere, ma questo post non avrebbe alcun senso se la eludessimo. Non voglio andare troppo in profondità, poiché ci porterebbe troppo lontano e rischieremmo di fare troppa filosofia.

 

Alla fine, si tratta di desiderio. In altre parole, cosa vogliamo veramente per noi stessi dal nostro lavoro? Come intendiamo e vogliamo contribuire al benessere dell'azienda e delle persone che ne sono coinvolte? In che modo il nostro lavoro ci chiede di usare i nostri talenti, le nostre risorse, le nostre capacità per aiutarci a performare al meglio? In che modo il nostro lavoro ci dà uno scopo ed una direzione che abbia un senso per noi? Come ci aiuta a crescere?

 

Se ti senti libero di operare in funzione delle risposte che dai a queste domande, allora sei in linea con la tua natura.

 

Potremmo disquisire a lungo su questo, ma aggiungerebbe poco alla discussione. Il problema è che ci sono tre ostacoli importanti alla piena espressione della nostra vera natura e sono tutti prodotti dal paradigma della Macchina.

 

Il primo ostacolo riguarda le aspettative esterne. Soprattutto in un ambiente di lavoro, questo esercita un'enorme pressione sulle persone, dacché vengono istruite ad eseguire un incarico che è loro affidato e niente più. Non dimentichiamo che il controllo è ciò che il paradigma della Macchina vuole al di sopra di ogni cosa e per avere controllo occorrono risultati: nessun risultato, nessun controllo. Pertanto, le persone non vengono viste come risorse che, se ben guidate e gestite, possono produrre fatti e risultati straordinari, bensì come strumenti ad uso e consumo del leader/manager per arrivare dove vuole lui.

Ruoli ed incarichi sono un'invenzione "meccanicistica" e non c'è niente di male di per sé, purché non ci costringa a fossilizzarci in qualche forma di rigida struttura dalla quale nessuno può fuggire. Un martello è un martello e mi aspetto che sia un martello e nient'altro: questo funziona. Un individuo è molto più complesso e all'interno di un contesto sistemico non può essere visto e trattato come un asset immutabile. Questo è ciò che succede, però, ed è piuttosto doloroso per chiunque deludere gli altri sulle aspettative che hanno su di noi, il che ci porta al secondo ostacolo, che è la

 

Visione interna. Per poter rispettare le aspettative che gli altri hanno su di noi, tendiamo ad adeguarci al ruolo che ci viene affibbiato. Come ho detto, non c'è niente di sbagliato nei ruoli, purché non diventino prigioni e non si riferiscano al solo ambiente di lavoro. Interpretiamo molti ruoli nella vita; il marito/moglie, il genitore/figlio, il cittadino rispettoso e così via. Cambiamo perfino in funzione del contesto in cui operiamo. Se puoi, cerca di individuare il tuo schema comportamentale in una situazione di compravendita: vedrai l'enorme differenza tra quando sei tu a vendere qualcosa rispetto a quando compri.

Ci auto-plasmiamo in funzione delle convinzioni e dei valori ai quali scegliamo di aderire e non possiamo eludere questo processo. Diventa però un probema quando formiamo una visione di noi stessi che si conforma al ruolo che abbiamo creato ed è così che costruiamo le sbarre della prigione.

 

Il terzo ostacolo è l'opportunismo. Miriamo tutti ad uno di due risultati: evitare dolore e ricercare piacere. E' così che siamo programmati e non abbiamo scelta in proposito. Le conseguenze di questo su come interagiamo con gli altri e con gli eventi sono piuttosto evidenti e cercheremo sempre di indossare la maschera più adeguata ad una data situazione, in modo tale da produrre il minor numero di problemi e i più alti benefici.

Questo meccanismo interno è così sottile ed istintivo che non siamo neppure in grado di rilevarlo il più delle volte, per cui giuriamo di essere esattamente come appaiamo, facendoci così perpetuare questa condizione. Quindi, sebbene ci piaccia credere di essere autentici, il nostro comportamento è totalmente opportunistico e questo è ciò che produce molti dei conflitti e delle crisi che incontriamo nella nostra vita e sul lavoro.

Se fossimo veramente "autentici", il nostro comportamento sarebbe sempre lo stesso, a prescindere dal contesto in cui operiamo e/o dalla situazione.

 

Questa pare essere una condizione disperata, ma non è così. Imparare ad essere autentici è un processo che dura un'intera vita e, paradossalmente, questi ostacoli sono esattamente ciò di cui abbiamo bisogno per impegnarci seriamente ad esso. Ecco come.

 

Diventare consapevoli dei ruoli - Se non decidessimo di indossare maschere non potremmo mai diventare consapevoli dei ruoli che interpretiamo nelle nostre vite. Se, come ho detto, noti un'incoerenza comportamentale nei diversi ambiti della tua vita, è molto probabile che stai indossando maschere in funzione di ciò che ti conviene. Questo è normale, non è niente di cui sentirsi in colpa e ti dà l'opportunità di correggerti.

 

Superare la vergogna - Il sentimento della vergogna viene fuori quando violiamo i nostri stessi valori. Essere autentici (onestà, trasparenza, ecc.) è un valore che la maggior parte delle persone condivide e, pertanto, provare vergogna perché abbiamo tradito noi stessi è un buon segno! Ci motiva a non perseverare in un determinato comportamento, purché non ci lasciamo sopraffare dalla vergogna. E' inutile strapparci i capelli: appena una briciola di vergogna è tutto ciò che serve.

 

Fidarsi della pancia - In qualsiasi situazione, sappiamo sempre cosa "dovremmo" fare, poiché siamo tutti creature etiche. E' quando ci rifiutiamo di dare ascolto alla vocina che ci viene dalla pancia e lasciamo che siano gli istinti a sopraffarci per motivi egoistici che diventiamo falsi. Imparare a dare ascolto alla vocina e di fidarci di essa promuove una straordinaria crescita personale, anche se non sarà facile, poiché ci suggerirà di fare esattamente ciò di cui abbiamo paura.

 

Imparare ad essere autentici è un processo molto lungo, di certo il più ostico e, ciò che è peggio, le aziende difficilmente lo appoggiano a causa delle false convinzioni a cui ho accennato prima. Il conformismo e l'adozione di ruoli rendono l'azienda gestita a macchina più controllabile, ma bloccano creatività e flessibilità, rendendo tali aziende paradossalmente più vulnerabili, sia dentro che fuori, e questo è esattamente il contrario di ciò che le aziende pensano.

 

La trasparenza favorisce le relazioni più vere e rafforza le squadre, rendendo più facile risolvere i problemi ed affrontare le sfide del mercato da parte dell'azienda nel suo insieme. Per "default", nessuno di noi è veramente autentico, poiché siamo incapaci di vedere i benefici nell'essere tali, ed il clima all'interno delle aziende non favorisce questo stile di vita/lavoro.

 

Alla fine, il tutto si riduce ad una semplice domanda: sei tu il tipo di persona con la quale vorresti lavorare e di cui avresti totale fiducia?

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